Il problema che frena uno sviluppo più complessivo e convincente della vetus urbs è sempre lo stesso, l’identica dose maxi, negli anni, superesagerata di localismo: tutto parte e procede in direzione viterbocentrica, dagli eventi, alla stessa realizzazione di progetti vari e addirittura in un ambito più ambizioso di rilancio del turismo.
Il localismo può essere comunque anche una scelta esclusiva e definitiva, basta che venga fatta una buona volta per tutte senza più esitazioni: l’obiettivo è solo ed unicamente la vita cittadina, quanto più piena di cose può essere per gli ivi residenti, quanto più si riesce a vivacizzare le parti storiche dell’urbe, sempre per rendere più divertente e viva la quotidianità degli indigeni e spingerli a lasciare le loro abitazioni per riempire le vie della cittadina.
Si può scegliere il suddetto localismo, certo che sì, ma deve essere un ragionamento ponderato che calcoli anche le entrate economiche per l’intero sistema Viterbo che esso può apportare.
Entrate economiche episodiche, sparute, insufficienti, senza il rapporto con l’esterno, senza un piano di rilancio in chiave nazionale del capoluogo che vive un eterno isolamento che si è autoinflitto e che la relega tra le province italiane purtroppo meno evolute e culturalmente avanzate ormai da decine di anni.
Ecco, se si approfondisce questo discorso si vede come la scelta localista, seppur rispettabile, se dichiarata, altro non fa che affondare i sogni di un possibile allargamento di orizzonti che contenga in sè la cultura dell’accoglienza e l’organizzazione di eventi unici che proiettino su Viterbo una luce nazionale.
Non solo bed and breakfast che sorgono come funghi per ricevere per uno due giorni visitatori di passaggio che non hanno neanche il tempo di creare fastidio (come purtroppo continua a pensare buona parte della popolazione su chi viene da fuori), ma un turismo che viene attratto da avvenimenti singolari, non già visti, inediti. Un modo per porre le basi di un piano turistico più ambizioso accompagnato da idee, contenuti ed happening messi su a dovere.
Sono presupposti per un vero sviluppo possibile futuro della città, che sarà percorribile solo se i cittadini incoraggeranno politica ed istituzioni ad investire in qualità ed infrastrutture idonee, spinti anche da una evoluzione del gusto e da una ricerca di vero cambiamento strutturale e sociale della vita del capoluogo.
Se la richiesta invece sarà sempre centrata su avvenimenti di routine come in una eterna sagra no stop, nè i migliori amministratori, nè più volenterosi e decisi primi cittadini, potranno mai incidere sul territorio liberamente per svincolarlo dal diffuso, solito, e amatissimo dalla popolazione, localismo.
(p.b.)