In Italia 2 milioni e 180 mila famiglie vivono in condizioni di povertà assoluta. Una consistente fetta delle quali vive nel Lazio, dove quelle assistite dai servizi sociali sono in totale 20 mila, pari al 7,8% del totale italia, e dove il 4,5% dei bambini non consuma almeno un pasto proteico al giorno. Sono, come scrive il corriere di viterbo, dati drammatici quelli contenuti nel rapporto povertà 2023 della Caritas, appena pubblicato. Il titolo è eloquente: “Tutto da perdere”.
Viterbo fa la sua parte se si considera che tra le sei città in cui sono stati svolti i colloqui/interviste, in base alla distribuzione territoriale, c’è proprio il capoluogo della Tuscia. Le altre sono invece Brescia, Napoli, Messina, Napoli e Rimini.
A 30 anni dal primo rapporto della Caritas, il fenomeno della povertà ha assunto connotati completamente diversi sia nelle dimensioni che nei profili sociali. I poveri assoluti oggi in Italia sono oltre 5 milioni 674 mila, 357mila in più rispetto al 2021, pari al 9,7% della popolazione.
In pratica, secondo i numeri del rapporto, un cittadino residente su dieci oggi non ha accesso a un livello di vita dignitoso. Tant’è che nell’indagine si parla di povertà ormai strutturale. Soltanto all’inizio del secolo, appena il 3% dei residenti era definibile povero in senso assoluto: di mezzo ci sono state un paio di crisi globali, la recessione del 2008, e il Covid-19. Da ultimo la guerra in Ucraina ha assestato un altro duro colpo all’economia, soprattutto in ragione dei rincari energetici e dell’inflazione conseguente.
“Le analisi condotte da Caritas e da altre antenne sociali ci parlano di un cambiamento nella configurazione della povertà che, complice anche una sempre maggiore precarizzazione del mondo lavorativo, si allarga e si diffonde in modo indiscriminato, in tutti i contesti sociali, geografici e anagrafici – si legge nel rapporto -. Nel corso degli ultimi quindici anni, la povertà ha decisamente cambiato volto, al punto che in letteratura si parla di ‘democratizzazione della povertà’ per indicare il fatto che è sempre più difficile identificare dei gruppi sociali che possano dirsi veramente impermeabili o invulnerabili al rischio di povertà. Lo sanno bene gli operatori Caritas, che si trovano di fronte a storie di povertà sempre più eterogenee, in controtendenza rispetto alla forte omogeneità biografica e sociale che caratterizzava le storie del passato”.