Se fosse tutta colpa della politica sarebbe facile giustificare il momento che sta attraversando Viterbo, una città spenta ed in crisi di identità feroce con dei cittadini rassegnati all’immobilismo e alla continua decadenza, trincerati dietro le loro fissazioni, l’auto comunque e dovunque, l’orticello proprio, la sistemazione del figlio con il baciamano del potente di turno, la grande abbuffata al ristorante per dimenticare.
Sono logiche che sarebbero parse superate anche nel 1920, figurati nel terzo millennio, ma i viterbesi sono fatti così, nulla li tocca, nulla li emoziona tranne la sera del 3 settembre.
Ed ora prendiamo il loro rapporto con l’attuale sindaca: prima l’elezione plebiscitaria, poi lo scetticismo crescente nei confronti della ipercinetica Frontini, quand’anche avesse solo cercato di fare svolgere in tempo reale i lavori del pnnr o di chiudere il centro storico, gradualmente, alle auto. Un’ultima intenzione che in città ritengono offensiva e addirittura ammazza-commercianti, uno sgarbo subito.
E poi il caso Bruzziches, le intercettazioni che saranno anche lecite e significative (?!) fanno tanto provincia depressa, molto triste, e che hanno ispirato già tanti spiriti forcaioli in circolazione. Ora, a prescindere da quelle che saranno le responsabilità penali, ove mai ce ne saranno (resta tutto da stabilre) di sindaca e marito per una sera di straordinaria follia, fa impressione la viterbo che viene fuori da questa squallida storia, pronta a puntare l’indice con processi sommari di piazza o via web.
E qui non c’è neanche un po’ di orgoglio e dignità cittadina, perchè una sindaca che viene inquisita dovrebbe essere una cosa che rattrista tutti, a prescindere, proprio per la salvaguardia dell’integrità morale della cittadinanza che dovrebbe stemperare il tutto e aspettare il giudizio della procura, prima di cavalcare a fini politici o simpatetici l’episodio accaduto.
Di qui la fase storica difficile per Viterbo, città già frenata nella sua crescita da un provincialismo esponenziale, priva di teste fantasiose ed incisive, di quella creatività costruttiva necessaria ed edificare una potenziale città della cultura.
Dove è quella professionalità diffusa necessaria a sostenere una evoluzione cittadina, dove la volontà di uscire dalla logica dei giri chiusi ed oscurantisti che pensano solo alla loro sopravvivenza?
Il centro storico vive ormai nel degrado più ostinato che si poteva solo immaginare, teatro di storie di emarginazione e di droga, abbandonato da gran parte della viterbo benestante e silenziosa, ripudiato dai cittadini per la crescente chiusura alle auto.
E questo c’entrerebbe con la politica, e tutto ciò è colpa della Frontini? Fosse così sarebbe facile, ma purtroppo per chi lo crede non è così.
E’ l’idea di città che manca da sempre, così come un rapporto con roma che non ci veda sempre esclusi, ridimensionati, trattati con sufficienza o addirittura del tutto ignorati.
Il resto ormai rischia di diventare ancora una volta guerra tra bande, con il garantismo sacrificato sull’altare della facile condanna a morte, ennesimo tentativo di catarsi di un popolo colpevole in prima persona del suo sempre più preoccupante isolamento logistico e culturale.
(pasquale bottone)