Si apre al teatro romano di Ferento il 12 luglio (ore 21,15) con “L’Avaro” FerentoTeatroFestival 2024, manifestazione giunta alla 59esima edizione, nell’area archeologica dell’antica città romana, a pochi chilometri da Viterbo.
“L’Avaro”, tratto da Aulularia di Plauto, nella versione di Roberto Clerici (nella foto), grande autore non dimenticato del teatro italiano, è interpretato da Gigi Savoia e Francesca Bianco e da un cast di altri ben otto attori, per la regia di Carlo Emilio Lerici. Un’occasione per divertirsi e ridere su uno dei maggiori difetti dell’uomo: l’ossessione di difendere un bene di cui è venuto improvvisamente in possesso.
Il testo ricalca la trama di un vecchio (Catenaccio), che scopre sotto terra, nella sua abitazione, una pentola piena d’oro e vive nel costante terrore che gli venga sottratta. “Da qui la spinta ossessiva a nasconderlo per non consumare il capitale ideale della propria infelice sicurezza – afferma Roberto Clerici -. Intorno a questo nucleo quasi astratto, nascono i rapporti reali del quotidiano: figli, amici, amanti, servi, ovvero vecchi, giovani, anziani che di fronte alla malattia del protagonista, devono vivere controcorrente. Dunque l’Avaro, nel nostro caso, è un “uomo” proprio in quanto malato, e non un caso patologico per meschina propensione. Perciò l’aspetto comico di questo avaro è sempre sull’orlo del dramma. Al di là del riso c’è sempre un uomo che soffre per la propria condizione”.
L’opera è anche famosa per essere servita a Moliére per scrivere l’omonima commedia. Complessa e dinamica l’evolversi della vicenda. Catenaccio quando il suo ricco vicino Cicorione viene a chiedergli in sposa sua figlia Lucia sospetta che si tratti di una manovra per scoprire il suo oro; alla fine però accetta, precisando che Cicorione prenderà Lucia senza dote e pagherà tutte le spese del matrimonio, previsto per il giorno stesso. Ma non sa che sua figlia è rimasta incinta di Lupetto, nipote di Cicorione, e che lui vorrebbe sposarla. Anche il cuoco chiamato per cucinare il banchetto nuziale diventa elemento di sospetto: Catenaccio sentendolo più volte pronunciare la parola “pentola”, pensa che sia un ladro e lo malmena. Nascono così una serie di equivoci, furbizie e convinzioni. A questo punto l’opera di Plauto si interrompe bruscamente.
“Il testo originale latino manca infatti del quinto atto, quindi della conclusione – scrive nella sua nota Clerici -: dai cinque versi rimasti del quinto atto, si può intuire che alla fine il protagonista cede il tesoro perché sua figlia abbia la dote. Ho usato anch’io – confessa Clerici – il doppio gioco plautino di fingere il mondo greco per parlare invece apertamente del mondo romano. Ho usato frammenti, modi, esperienze di costume traendole da Menandro o da altre commedie di Plauto stesso o da reperti di altre sue commedie andate perdute. Anche nelle parti inventate ho cercato di mantenere lo spirito d’epoca, senza tentare inutili o massicci aggiornamenti secondo lo stile in uso attualmente per Plauto. Ho innestato qualche verso di Catullo, pur sapendo che è fuori epoca, ma trattandosi di un inno nuziale si presume desunto da un rituale più antico. Ho mantenuto i versi ritmici e le rime per assecondare alcuni “cantica” del testo, e in linea di massima ho cercato di mantenere anche una certa violenza verbale, una grevità plebea inevitabile se si vuole dare un’idea anche lontana di come fosse recepito dal pubblico di allora. Diciamo infine – conclude Clerici – che questo testo è stato molto rielaborato, ma rispetto all’originale crediamo giusto averlo fatto”.
FerentoTeatroFestival è organizzato, come avviene da oltre venti anni, da Consorzio Teatro Tuscia con la direzione artistica di Patrizia Natale ed è sostenuto dal contributo del Ministero della Cultura, che dal 2022 lo ha riconosciuto Festival a livello nazionale, dal Comune di Viterbo, dalla Regione Lazio, da Fondazione Carivit e da Ance.
Per ulteriori informazioni sui biglietti e sulla stagione teatrale, consultare la pagina fb Ferento Teatro Romano o il sito www.teatroferento.it/ .ù