Mammagialla, detenuti in subbuglio per il sovraffollamento e i colloqui “spiati”

Centodue detenuti del carcere di Mammagialla hanno presentato un reclamo al garante regionale per i diritti dei detenuti, Stefano Anastasìa, contro la mancata attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 10/2024. La sentenza, pubblicata a gennaio, ha dichiarato illegittimo l’obbligo di controllo visivo durante i colloqui tra detenuti e partner, ma a dieci mesi di distanza nulla è cambiato.

I detenuti denunciano di essere ancora sottoposti a un regime che viola quanto stabilito dalla Corte. La situazione, secondo quanto riportato nel reclamo, riguarda anche la carenza di spazi adeguati per garantire la riservatezza degli incontri. In risposta, il garante Anastasìa ha inviato una raccomandazione alla direzione del carcere di Viterbo affinché “si individuino immediatamente spazi idonei per svolgere i colloqui senza controllo visivo”. Anastasìa ha sottolineato l’urgenza della questione, dichiarando che “è inaccettabile che una sentenza della Consulta non venga rispettata dopo dieci mesi dalla sua pubblicazione.

Quello dei colloqui, però, non è l’unico problema che affligge Mammagialla. A denunciare, di nuovo e con forza, la situazione del sovraffollamento sono i detenuti dei reparti As e D2 penale. La capienza dell’istituto è ampiamente superata: “Qui dentro ci sono circa 700 detenuti, mentre il carcere ne dovrebbe ospitare al massimo 440. E anche questo numero è esagerato, visto che alcune sezioni sono chiuse”, denunciano i detenuti in una lettera. Le stanze di pernottamento, previste per una sola persona, ne ospitano due, creando tensioni e difficoltà. “Viviamo in condizioni che non rispettano la dignità umana, e nonostante questo nessuno interviene”.

Oltre al sovraffollamento, si lamenta la gestione del personale penitenziario, sottodimensionato rispetto alle reali necessità. “Ad agosto sono state assegnate 35 nuove guardie, ma la situazione non è migliorata, perché circa 20 agenti hanno chiesto il trasferimento e altri andranno in pensione entro l’anno”, sottolineano i detenuti, aggiungendo che “i pochi agenti rimasti sono costretti a turni massacranti e devono coprire più posti contemporaneamente”.