NewTuscia – VITERBO – Con ordinanze di non potabilità dell’acqua nei maggiori centri della provincia e una lettera di richiesta di intervento urgente per risolvere il problema assistiamo al completo silenzio delle Istituzioni. Ma come è possibile che i nostri amministratori e politici regionali e nazionali non convochino i comitati dell’acqua e gli stessi cittadini per affrontare una emergenza di tale portata?
È questa l’attenzione che hanno verso chi rappresentano?
L’accessibilità all’acqua potabile è un diritto previsto dalla Costituzione.
Come Comitato Non ce la beviamo chiediamo una convocazione urgente per discutere di questo grave problema.
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LA LETTERA INVIATA ALLE ISTITUZIONI DAL COMITATO NON CE LA BEVIAMO
Ci rivolgiamo alle Istituzioni in indirizzo per chiedere un intervento urgente al fine di risolvere un’emergenza che investe il nostro territorio: la presenza in alte concentrazioni di arsenico e fluoruri nelle acque ad uso umano del Viterbese.
Come è noto da tutte le evidenze scientifiche, l’arsenico è un cancerogeno certo di classe 1ª e pertanto l’esposizione cronica a questo elemento, anche a basse concentrazioni, rappresenta un grave rischio sanitario per la popolazione.
Nella Tuscia, ancora oggi, diversi Comuni superano la soglia di concentrazione di arsenico di 10 microgrammi/lt consentita dalla legge e molti altri registrano valori ai limiti con frequenti sforamenti.
È evidente che l’installazione degli impianti di dearsenificazione non si è rivelata sufficiente a risolvere il problema.
Riteniamo quindi che esista una emergenza sanitaria e una violazione del diritto di accesso all’acqua potabile per la popolazione della Tuscia che impone al Governo, alla Regione Lazio e a tutte le Istituzioni competenti un urgente intervento finanziato dalla fiscalità generale.
Non a caso la Corte di Giustizia Europea, con sentenza del 7/9/2023, ha condannato l’Italia per il mancato rispetto dei parametri di arsenico e fluoruri nelle acque di diversi Comuni della Tuscia.
Occorre pertanto intervenire urgentemente mettendo a disposizione contributi pubblici per consentire il ripristino di acqua potabile e sicura per la popolazione.
Attualmente i cittadini del Viterbese sono gravati da tariffe idriche che comprendono gli alti costi della dearsenificazione dell’acqua e che subiscono ripetuti aumenti.
Considerato che si tratta di un problema ambientale, questi costi di manutenzione per loro natura non dovrebbero ricadere esclusivamente sugli abitanti del territorio interessato bensì sull’intera fiscalità generale.
Se poi a ciò aggiungiamo che l’acqua non è di qualità e che, in alcuni casi, non è possibile utilizzarla a scopo umano, come dimostrano le ordinanze di non potabilità vigenti sul territorio, arriviamo al paradosso di caricare i cittadini di costi sproporzionati e non pertinenti, senza che neanche possano beneficiare di un servizio conforme alla legge.
Ad oggi l’unica risposta al problema economico da parte dell’ATO 1 Viterbo è stata la proposta di privatizzare il 40% delle quote di Talete Spa, la società che gestisce il servizio idrico del Viterbese.
A nostro parere tale proposta aggraverebbe ulteriormente la situazione dei cittadini, i quali dovrebbero continuare a sostenere gli alti costi dei dearsenificatori e a pagare sicuramente anche gli interessi passivi dei finanziamenti richiesti dalla Società. Senza tener conto che la volontà popolare espressa nel Referendum del 2011 ha decretato la gestione pubblica dell’acqua.
Le nostre richieste pertanto si sintetizzano in tre punti fondamentali:
– ripristino di acqua potabile e sicura nel territorio della Tuscia. Questo sottintende che anche laddove si rientri nei parametri di legge, i valori non si devono avvicinare ai limiti consentiti e non si devono più verificare sforamenti, in quanto ciò rende l’acqua non sicura e potenzialmente rischiosa;
– urgente contributo pubblico per coprire le attuali spese per il funzionamento dei dearsenificatori, eventuale potenziamento degli stessi e intervento strutturale per risolvere definitivamente la questione.
– capillare e tempestiva informazione alla popolazione sullo stato delle acque e massima trasparenza sui progetti per risolvere la problematica.
Si richiede inoltre di prendere in esame, ai fini dell’ intervento strutturale, lo studio condotto dall’Università della Tuscia in collaborazione con Enea, Istituto Superiore di Sanità e Arpa Lazio, che ha rilevato sorgenti prive di arsenico o vicine allo zero nelle zone dei Monti Cimini, studio che dovrebbe essere esteso sull’intero territorio provinciale per rilevare ulteriori sorgenti che abbiano requisiti analoghi.
Considerato che la questione riveste carattere di particolare urgenza, in quanto investe la sfera della salute pubblica, e ritenendo che ogni cittadino abbia il diritto di ricevere acqua potabile, sicura e anche accessibile economicamente, inviamo fiduciosi questa lettera contando su un rapido e sollecito riscontro da parte del Governo, della Regione e delle altre Istituzioni in indirizzo.
A disposizione per qualsiasi eventuale richiesta, porgiamo distinti saluti.
COMITATO NON CE LA BEVIAMO