“Elisabetta Bacchio non è la mente criminale che si vuol far passare come mandante dell’omicidio del marito”. Così ha esordito ieri in aula l’avvocato Walter Pella che con il collega Maurizio Filiacci assiste la vedova di Salvatore Bramucci, il pregiudicato 58enne ucciso con 5 colpi di pistola il 7 agosto 2022 nelle campagne di Soriano. A processo con la moglie della vittima anche la sorella e il cognato, Sabrina Bacchio e Costantin Dan Pomirleanu, i due presunti sicari, Tonino Bacci e Lucio La Pietra, e un loro amico, Alessio Pizzuti. Tutti e sei devono rispondere in concorso di omicidio volontario pluriaggravato davanti alla Corte d’assise di Viterbo, come riporta il corriere di viterbo.
“La nostra assistita non avrebbe avuto alcun vantaggio economico dalla morte del marito – ha sottolineato Filiacci -. Lei gestiva il canile che fruttava mensilmente circa 5-6 mila euro, avendo tra l’altro una villa e un terreno di sua proprietà. Voleva solo che Bramucci cambiasse vita e che stesse più vicino alla famiglia. Non parlò mai di maltrattamenti ma di rapporti coniugali deterioratisi nel tempo”. A proposito degli indizi di colpevolezza raccolti dagli inquirenti, l’avvocato ha aggiunto: “Non c’è traccia del famigerato tesoretto del marito. Sull’agendina rossa dove la vittima avrebbe annotato i suoi affari non è stata svolta una perizia per accertare l’autenticità della grafia. Lei si era rassegnata alla separazione. Nei messaggi che Elisabetta scambia con la sorella il 22 giugno 2022 si dice disperata, tanto da pensare di farla finita. Possibile che potesse avere intenti suicidari a pochi giorni dall’esecuzione del marito? Non è plausibile che sia andata in vacanza in coincidenza con l’agguato, se lo avesse organizzato in prima persona”.
La parola poi è passata ai difensori di Tonino Bacci, gli avvocati Giancarlo Costa e Chiara Fiore. “Ad oggi la presenza del nostro assistito sul luogo del delitto è una mera supposizione non supportata da riscontri oggettivi – ha affermato -. Non è stata fatta alcuna analisi su eventuali tracce biologiche sulla Giulietta per individuare impronte o residui di polvere da sparo. Nessuna verifica neanche sullo scovolino utile a pulire una eventuale pistola ritrovato a casa di Bacci, anche se potrebbe essere un oggetto compatibile con la sua attività lavorativa. Non poteva essere interessato ai soldi dopo aver ricevuto 70 mila euro come risarcimento in seguito ad un sinistro stradale. All’epoca mensilmente guadagnava 1.500 euro”. Insomma, secondo i legali le certezze scarseggiano. “L’arma del delitto non è stata mai trovata e forse non è mai stata cercata. Non sappiamo chi abbia sparato e che fine abbiano fatto i soldi di Bramucci”, ha chiosato Fiore.