Condannato ad un anno di reclusione un commerciante di legnami di Acquapendente denunciato da alcuni richiedenti asilo per sfruttamento della manodopera, come riporta il corriere di viterbo.
A distanza di sei anni dall’inchiesta, il dibattimento a carico dell’imprenditore 50enne, finito in manette il 23 settembre 2019 e l’anno seguente a giudizio per caporalato, si è definito ieri con la sentenza emessa dal giudice monocratico, Jacopo Rocchi. Nello specifico, l’uomo fu accusato di aver sfruttato 3 dipendenti, tutti giovani nordafricani, impiegati come tagliaboschi nelle campagne. Le denunce raccolte dagli inquirenti fecero scattare diverse indagini che sfociarono in due filoni processuali che successivamente confluirono in un unico procedimento.
Le vittime si costituirono parti civili con l’avvocato Carlo Mezzetti, contro il datore di lavoro rappresentato dall’avvocato Enrico Valentini. A marzo di tre anni fa un 27enne del Gambia ricostruì la vicenda in aula. “All’inizio ci disse di cominciare a lavorare, che in seguito ci avrebbe messi in regola. L’accordo era che ci avrebbe dato 50 euro al giorno, ma non lo rispettò – raccontò -. Dopo due mesi ci consegnò solo un contratto di avviamento al lavoro. Lavoravamo 6 giorni su 7, dalle 7 alle 16 con pausa pranzo. Poi gli dicemmo che non avevamo più intenzione di lavorare se non ci avesse pagato quanto stabilito. Per proseguire ci offrì 50 euro ma li rifiutammo. Così iniziammo a discutere e uno di noi chiamò i carabinieri”.