Abuso di precariato, Asl condannata

L’abuso di precariato nel settore sanitario continua a essere nel mirino dei tribunali. Il Tar del Lazio ha recentemente condannato la Asl di Viterbo per non aver rispettato una sentenza della Corte d’appello di Roma del 2019, che aveva riconosciuto alla dipendente Anna Maria Ialungo il diritto a un risarcimento pari a dieci mensilità della “retribuzione globale di fatto da ultimo percepita”, come riporta il corriere di viterbo.

Nonostante non avesse impugnato la sentenza, l’azienda aveva deciso di calcolare il risarcimento sulla base di una retribuzione inferiore, applicando criteri risalenti al contratto nazionale del 2011. Questo approccio ha portato a un importo liquidato significativamente minore rispetto a quello dovuto. Il Tar, con la sentenza n. 10290 del 2024, ha accolto il ricorso della Ialungo, ordinando all’azienda di ricalcolare il risarcimento secondo le indicazioni fornite dalla Corte d’appello. In particolare, i giudici amministrativi hanno chiarito che la “retribuzione globale di fatto” deve riferirsi all’ultima retribuzione percepita alla data della sentenza da eseguire. Questo principio non è nuovo; è stato già affermato in altre pronunce significative, come quelle del Consiglio di Stato (Sez. VI, 28 aprile 2021, n. 3429) e del Tar Roma (n. 5872/2022).

Una vicenda analoga è quella che interessa Mariagrazia De Palo, un’altra dipendente dell’Asl viterbese. Anche in questo caso, l’azienda non ha rispettato la sentenza della Corte d’Appello del 2019, che prevedeva un risarcimento simile di dieci mensilità della “retribuzione globale di fatto da ultimo percepita”. La De Palo ha presentato un conteggio dettagliato elaborato da consulenti del lavoro, basandosi sulla retribuzione effettivamente percepita al momento della sentenza.