Pubblichiamo di seguito un intervento del segretario Uil Giancarlo Turchetti sulle basse retribuzioni per i giovani in Tuscia
Qual è lo stipendio percepito da ragazze e ragazzi della Tuscia? In quanti possono dire di aver trovato un lavoro stabile e quanti invece sono alle prese con contratti atipici? A fare il punto di quanto accade tragli under trenta nel viterbese pensa l’Osservatorio regionale sul precariato attivato dalla Uil del Lazio e dall’Istituto di ricerca Eures.
Analizzando l’andamento delle attivazioni contrattuali nel settore privato (escluso quello agricolo), nei primi sei mesi del 2023 si scopre che tra i giovani fino a 29 anni sono stati 4.652 i nuovi rapporti di lavoro, otto in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando erano stati 4.644.
Analizzando però le tipologie contrattuali emerge che sono diminuiti del 20% i contratti a tempo indeterminato: 337 in questi primi sei mesi, 417 nel primo semestre 2022. A diminuire sono anche i contratti di apprendistato (806 contro gli 897), mentre sono schizzati in alto i contratti atipici: 3.509 nei primi sei mesi di quest’anno, contro i 3.330 del corrispondente semestre dello scorso anno.
“Lavoro non stabile, insicuro che offre sempre meno garanzie – dice Giancarlo Turchetti, Segretario generale della Uil di Viterbo – con il risultato che le aspirazioni e i progetti di vita di tanti giovani del territorio vengano frustrate dal precariato spinto. Una spirale insostenibile che impoverisce le ragazze e i ragazzi e che non offre prospettive neppure alle imprese che rinunciano a valorizzare il contributo di innovazione proveniente dalle nuove generazioni”.
Per analizzare esaustivamente il fenomeno del precariato tra i giovani, l’osservatorio Uil Lazio Eures esamina il quinquennio 2018-2022.
Il quadro che ne esce non è incoraggiante: sebbene le attivazioni dei contratti tra i giovani viterbesi siano aumentate del 5,4 per cento (449 contratti in più), il risultato non deve ingannare perché comunque inferiore a quello osservato in termini complessivi, dove la crescita delle attivazioni raggiunge il +8,3% (pari a 1.826 assunzioni in più).
E, soprattutto, la crescita è figlia di contratti atipici che, rispetto al 2018, segnalano infatti un aumento del 7,6% tra tutte le fasce di età e del 5,2% tra gli under 30enni (1.246 in più, di cui 315 tra gli under 30).
In crescita anche le attivazioni di contratti di apprendistato, che aumentano complessivamente del 15,8% e del 13,4% tra i giovani (245 assunzioni in più, di cui 191 tra gli under 30) che, sebbene si configurino come rapporti stabili, prevedono retribuzioni inferiori a quelle del contratto a tempo indeterminato e sono comunque soggetti a conferma alla loro scadenza.
Proprio le attivazioni dei contratti a tempo indeterminato, inoltre, presentano, tra il 2018 e il 2022, una flessione del 7,1% (-57 attivazioni in valori assoluti) tra i giovani, laddove a livello complessivo crescono dell’8,5% (da 3.938 a 4.273 attivazioni).
Nessuna sorpresa purtroppo se spostiamo l’interesse all’aspetto retributivo. Nel 2022 i giovani lavoratori viterbesi del settore privato non agricolo hanno infatti percepito una retribuzione lorda media annua pari a 10.350 euro, un risultato inferiore alla media regionale che per questa fascia si è attestata a 11.675 euro, con uno scarto di 1.325 euro rimasto sostanzialmente invariato rispetto al 2018, quando la retribuzione dei giovani lavoratori viterbesi era di 8958 euro e quella mediamente percepita nel Lazio dai loro coetanei a 10.285 euro.
Confrontando le retribuzioni nel solo territorio della Tuscia, il lieve incremento dei compensi dei giovani risulta del tutto insufficiente a colmare il divario retributivo osservato tra diverse fasce di età.
Non a caso lo scorso anno i giovani viterbesi hanno guadagnato soltanto il 60 per cento della retribuzione mediamente percepita, che si è attestata infatti a 17.234 euro annui.
“Sebbene il gap retributivo tra giovani lavoratori e meno giovani sia lievemente diminuito negli ultimi cinque anni – conclude il Segretario Turchetti – a conti fatti e con queste dinamiche tendenziali per sperare in una parità retributiva media occorrerebbero oltre 75 anni”.