Le feste vanno via, la città sospesa, i veleni che si moltiplicano

Uno si aspetterebbe che in una città in forte difficoltà l’augurio generale fosse che i fatti sempre più sopravanzassero le parole: ma invece pare che lo sport preferito nel capoluogo della Tuscia sia lo spargimento di veleni in quantità industriale.

La polemica scandalistica la fa da padrone in una città ormai sempre più tiranneggiata da una informazione sciacallesca e dal suo solito, nauseante, tiro al piccione di turno.

Mentre le famiglie arrancano, fanno fatica ad arrivare a fine mese, i comitati di affari sono sempre al lavoro, lì ad intorbidire le acque, a confondere i cittadini, ad ordire chissà quali trame per raggiungere chissà quali scopi.

Il problema è sempre lo stesso, provincia arretrata, gretta, piena di casi oscuri, di giri stretti che fanno e disfano, si accordano al ribasso, senza mai rilanciare e la città precipita.

Ed ora c’è una sindaca giovane cui si deve chiedere solo impegno ed un cambio sostanziale dei paradigmi amministrativi: ma in questo bailamme trovare il bandolo della matassa è sempre più complicato, talvolta impossibile.

E tutta la buona volontà di “italianizzare” Viterbo, di renderla città europea, trova oppositori e cecchini pronti a sparare ovunque.

Che fare? Basterebbe abbandonare questo individualismo familista spietato che rischia definitivamente di far affondare e in acque agitate la malcapitata vetus urbs.